La povertà è la condizione di singole persone  o collettività umane  nel loro complesso, che si trovano ad avere, per ragioni di ordine economico, un limitato (o del tutto mancante nel caso della condizione di miseria) accesso a beni  essenziali e primari, ovvero a beni e servizi  sociali d'importanza vitale. Questa definizione tratta da Wikipedia, non soddisfa pienamente il “povero”, il quale non si sente soltanto limitato economicamente, e ciò neanche in caso di miseria e/o impossibilità di accesso a beni e servizi  sociali d'importanza vitale.

In effetti, a “lui” vengono a mancare anche la dignità e la libertà, e mentre nel presente percepisce di “non essere”, il futuro per lui non esiste.

I bisogni essenziali per “sopravvivere” sono: mangiare, bere e dormire; l’esempio dei cosiddetti barboni e/o clochard, al di la di coloro che liberamente scelgono tale stile di vita, sono i poveri che mangiano (elemosinando o magari rovistando nei cassonetti della spazzatura), bevono (nelle fontane pubbliche o come tutt’ora, in alcuni paesi, nelle pozzanghere formatesi con la pioggia) e dormono (a volte sotto i ponti, comunque dove trovano un po’ di riparo). Costoro soddisfano i bisogni primari, ma non hanno dignità, libertà, la percezione di “essere” nel presente e tantomeno la prospettiva di un futuro.

Molti correlano il concetto di povertà con il contesto storico, per cui ci sono i poveri nell’impero romano, nel medioevo e così via; alcuni si spingono a correlare i poveri con un ipotetico futuro. Ma illustri “uomini di pensiero”, tra cui Friedrich Nietzsche, Arthur Schopenhauer, ecc., posero l’accento sul presente: quindi è nel presente che si intende argomentare parlando dei poveri. Si è più volte detto che le vittime sono tali, sia causate da armi che da estrema povertà, sia causate da malattie che da assoluta mancanza di farmaci, sia causate da disperazione (suicidi per mancanza di lavoro!) che per infortuni sul lavoro. In Italia dopo la seconda guerra mondiale, durante o forse a causa della cosiddetta ricostruzione industriale, ci sono state più vittime per infortuni sul lavoro che nella prima guerra mondiale. Poi esistono altre vittime: di soprusi, di tradimenti, di abbandoni o di disonestà, …

Si può ben comprendere da ciò quanti sono i modi di coniugare la povertà, ed oggi che, dai morti nel mediterraneo ai suicidi di giovani senza speranza, dalla disoccupazione giovanile che ha superato il 40% agli occupati con “paghe” da 400 euro (che ovviamente non possono essere definiti stipendi e/o salari), dai numerosi tipi di precariato all’uso smodato dei voucher, l’unica cosa che si riesce a fare, sono i talkshow…

Su quei palcoscenici televisivi, improponibili ‘esperti’ con la “pancia piena’, politici incompetenti, giornalisti prezzolati e insipienti danno luogo a insensate contrapposizioni, senza un minimo di logica e comunque in assoluta assenza di una correlazione con la realtà. Senza vergogna. Decine, centinaia, migliaia di parole senza obiettivi, senza un minimo tentativo di cercare una qualsivoglia soluzione ai problemi, alle emergenze, alla disperazione che sta superando il limite del non ritorno.

In tale situazione “ciascuno” dovrebbe provare vergogna, per ciò che fa e/o ha fatto e soprattutto per ciò che avrebbe potuto fare e non ha fatto; e questo vale per tutti. Ma, attenzione! Si sente levare un grido di rabbia che si sta trasformando in disperazione! Si ascolti prima che sia troppo tardi: ciascuno può ascoltare, ciascuno può fare la propria parte, non si pensi di essere inefficaci o peggio inutili, perché se è vero che un lungo viaggio comincia con un piccolo passo, anche una rivoluzione, ancorché incruenta, inizia da una volontà precisa e disciplinata. Una volta, per molto meno si scendeva in piazza, si manifestavano le proprie insoddisfazioni, a volte con successo, a volte purtroppo con inappropriate degenerazioni che azzeravano i buoni propositi, ma ciò ormai appartiene ad un passato peraltro intriso di terribili problemi, senza comunque l’attuale povertà. Oggi, invece, oltre ai terribili problemi ampliati “geopoliticamente”, si è aggiunta una globalizzazione esclusivamente finanziaria che, insieme alla deregolamentazione e alla ‘restaurazione’ tecnocratica europea, ha generato, anche attraverso la mortificazione della democrazia, poveri sempre più poveri con l’obiettivo, stolto, che l’estrema povertà induca l’accettazione di qualsiasi sopruso, cosi che si divenga disposti a non essere più cittadini, ma a regredire allo status di sudditi, in cambio di un “tozzo di pane”. Sin qui si è trattato l’argomento in terza persona, per non interferire con percezioni e/o sentimenti e/o sensibilità personali, ma ora, avviandomi alla conclusione, affermo in prima persona di essere indignato, addolorato, e forse anche un po’ stanco di questa situazione. Eppure, per quanto consentito dalle mie condizioni, non smetterò comunque, per il mio modo di essere, di lottare con le residue forze contro questo sistema, al fine di poter raggiungere -se non per me, almeno a vantaggio delle future generazioni- quel mutamento sociale cui ho ambito da sempre. E auspico- anzi ne sono certo- di non esser il solo a non aver perso la speranza.

Quindi rivolgo a tutti- e in modo particolare a coloro che possono più di altri- l’invito a lottare (ora) con tutte le loro forze, onde eliminare questo scempio che equivale ad un crimine contro l’umanità.  


PIETRO NARDI (socio fondatore del Movimento Roosevelt: www.movimentoroosevelt.com)


( Articolo dell’11 febbraio 2017 )