TRUMP E IL RISULTATO ELETTORALE DI NOVEMBRE: BASTERANNO I SUOI ASSI NELLA MANICA? - di Nino Galloni

 
La rivista esce con un numero quadruplo  all’alba della attuale “chiusura” dovuta ai tamponi positivi, benchè i negativi abbiano sempre rappresentato dal 90 al 95% del totale: il numero precedente di Economie Parallele era quello di febbraio; adesso il problema consisteva nell’aspettare l’esito delle elezioni americane, oppure no. Dopo attenta riflessione abbiamo pensato di anticiparle, nonostante tutto, perché niente ci assicurava che la definizione dei conteggi dei voti fosse rapida e definitiva.

Eccoci, quindi, a di cercare di delineare gli scenari alternativi.

Primo scenario. Vince Trump.

In questi mesi e settimane i sondaggi sono tutti molto sfavorevoli a Trump, ma i sondaggisti “fanno politica” a favore dello sfidante Biden perché – nell’intellighentia Nordamericana, a tutti i livelli – prevalgono i benpensanti del political correct e dintorni: larve dei grandi Presidenti democratici, di cui, tra poco, si dirà (e sarà uno degli assi nella manica del Repubblicano).

Traduzione: la schiacciante maggioranza degli intellettuali americani è contro Trump.

Ma la popolazione vede in Trump quattro cose: 1) chi promise – e mantenne – agli operai ed ai sindacati che si sarebbe puntato, contro le logiche della globalizzazione, a ridurre le importazioni, ovvero far aumentare salari e occupazione; 2) chi si è fatto beffe del Coronavirus e del principale sostenitore dell’emergenza, il virologo Antony Fauci; 3) il depositario di valori tradizionali americani; 4) l’oppositore alla cinesizzazione del Pianeta.

Dalla parte di Trump: con l’emergenza sanitaria, la globalizzazione appare ormai sfiatata (salvo alcuni comparti dove la collaborazione tra Paesi alleati è imprescindibile).

Contro Trump: gli USA hanno avuto una perdita di PIL maggiore di tutti gli altri; però, la Federal Reserve ed il Governo hanno reso disponibili immense risorse per fronteggiare la situazione.

L’atteggiamento di Trump sul Coronavirus (e, quindi, l’opposto di Biden) sarà decisivo al momento opportuno: se la maggior parte dell’elettorato americano riterrà azzardate le posizioni del Repubblicano, quest’ultimo non avrà molte speranze; quindi, anche qui, la vera protagonista sarà la paura, ovvero il coraggio…chi è per Trump può essere ottimista – conoscendo gli Americani – ma il pessimismo della ragione è pur sempre in agguato!

Molto dipenderà da emergenze che saranno pubblicizzate all’ultimo e si vedrà.

Per quanto riguarda i valori tradizionali americani, tutto dipende dalla questione del rapporto tra democrazia e razzismo. Quest’ultimo è ancora vivo negli USA e viene intuito come opposto alla democrazia stessa: gli antirazzisti attivi sono contro Trump, ma i sentimenti della Nazione non coincidono con gli schieramenti classici.

Peraltro, all’inizio, gli anti-razzisti e progressisti erano i Repubblicani; poi le cose cambiarono dall’epopea di F.D.Roosevelt a quella dei Kennedy e anche dopo.

L’elettorato di colore valuterà prima e principalmente la capacità – o meno – di Trump di mantenere promesse sul lavoro, i redditi e dintorni; poi, le altre questioni (mentre attivisti e intellettuali, fanno tutto il contrario, ma dispongono di maggior peso nelle piazze e nei mezzi di comunicazione).

Anche il quarto aspetto sarà decisivo: la grande massa degli Americani non vede con simpatia una Cina che diventi la prima potenza del Pianeta; non si ricorda che furono i Repubblicani a sdoganarla (ancora in chiave antisovietica); valuta che con Biden ci saranno meno tentativi di arginarla.

Per tutti questi motivi, sembrerebbe più logico prevedere una riconferma di Trump; anche se l’arma più importante dell’avversario sono le opposte previsioni.

Nel caso di una vittoria di Trump, uno dei problemi più urgenti che avrà da risolvere sarà il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo, per tre ragioni.

La prima. Il maggior alleato degli USA è la Gran Bretagna; ma quest’ultima, a partire dall’era Blair – il guerrafondaio che ha portato la Sinistra e il Labour verso il baratro delle relazioni internazionali che conosciamo – ha evidenziato l’intenzione di recuperare la loro più importante e amata colonia.

La seconda. Gli Americani non si fidano della Francia, per storiche ragioni legate all’oro (crisi degli standard nel 1933 e nel 1971), alla Grandeur, al loro anti-antlantismo, eccetera. Francesi e Inglesi hanno la responsabilità nella disarticolazione libica che, attualmente, serve l’espansionismo turco e, quindi, rinforza l’esigenza di una presenza sempre più importante dei Russi nell’area.

E’ altresì, evidente che la Disunione Europea non ha aiutato l’Italia (e la Grecia) di fronte all’emergenza immigratoria che Trump considera un disordine non sopportabile.

La terza. L’Italia sarebbe più affidabile senza PD e 5stelle che hanno trafficato, con la Clinton, contro Trump (Russiagate) e che risultano filocinesi. Ma non è chiaro cosa Trump pensi veramente delle attuali opposizioni parlamentari italiane. Tuttavia una sua (auspicabile) ingerenza negli affari italiani sarebbe - questo è importante – successiva e non propedeutica alla formazione di un blocco popolare, di imprenditori e di anti-europeisti.

Poiché è impensabile che di qui a poche settimane le mille anime delle opposizioni non parlamentari (che, unite, sarebbero una forza decisiva), trovino accordi veri (paradossalmente, sul programma non sarebbe difficile, ma gli egocentrismi controllano il campo), è probabile che si debba aspettare qualcosa: l’attuale governo si giocherà tutto sui fondi europei, mentre il futuro della politica italiana, dipenderà dalla capacità di rimettere tutto in discussione. Campa cavallo che l’erba cresce: nella migliore delle ipotesi (la riconferma di Trump) di dovranno aspettare tempi troppo lunghi oppure trovare un mix di ingerenza (americana) e di autonomia nazionale ovvero formare una squadra affidabile per escludere gli irriducibilmente solitari e muovere all’assalto del cielo.

Secondo scenario. Trump perde.

Le ragioni di una sconfitta saranno contingenti (dell’ultimo momento): vai a sapere oppure legate al realizzarsi delle ipotesi opposte a quelle sostenute in precedenza, ma non escluse.

Tale scenario sarebbe poco allegro, anche per l’Italia, soprattutto se la dittatura sanitaria continuerà a mettere in discussione la partecipazione democratica, la vita civile, la sopravvivenza dell’economia: d’altra parte, i fautori della dittatura possono sostenere che la partecipazione, la vita civile e l’economia non hanno senso se si è malati o morti (e qui il discorso passa ai medici e alle persone oneste).

In tali condizioni, o le opposizioni italiane troveranno accordi duraturi ed efficaci, oppure pezzi dello Stato e delle Istituzioni dovranno prendere posizione e “sparigliare” la situazione attuale che è propedeutica solo di una fine ingloriosa del popolo italiano.

Terzo scenario. Le elezioni vengono contestate e si aprono paurosi vuoti di potere.

Si tratta di un’ipotesi non “residuale” perché le forze in campo – negli Stati Uniti – vedono una prevalenza dei personaggi influenti, anche dentro le Istituzioni, sfavorevoli a Trump che, quindi, avrebbe bisogno di una vittoria molto netta per stare tranquillo.

Per l’Italia un’ipotesi del genere porterebbe a risultai simili a quelli dello scenario precedente.

Al dunque, occorrerà incrociare le dita e muovere quel che si può muovere tra i nostri connazionali che vivono al di là dell’Atlantico. Ma questi sono compiti che, chi di dovere, starà già svolgendo.

Almeno ce lo auguriamo, vista l’importanza, per l’Italia, di queste elezioni.

21/10/2020

Nino Galloni

Economie Parallele n. 3, 4, 5, 6