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     Nell'ottobre 2015 ritenemmo di non aver più nulla di significativo da scrivere nel blog- ora anche libro, per i nostri ventitre lettori - circa il grande giuoco dell'economia tra gli umani. Una decade dopo lo scoppio della grande crisi finanziaria, infatti, non vi è alcunchè di nuovo sotto il sole rispetto a quanto già descritto. Il metadone finanziario distribuito dalle banche centrali continua a mascherare l'urgenza di un nuovo ordine mondiale rispetto all’ ordine globale che si fondava sul dominio del dollaro all’ interno di un sistema di fiat-money, sul “Washington consensus”, sul capitalismo industriale di matrice neoliberale, sulla predominanza delle energie fossili e sulla riserva di manodopera cinese. Anche l'ex immobiliarista speculativo Trump non fa altro che eseguire a botte di tweets il mandato ricevuto, provando a riequilibrare un pochino la disastrata situazione americana a spese - come sempre, dal dopoguerra in poi - del resto del mondo. Questa volta, però, non è così facile come per Nixon nel '71 e quindi ci attende probabilmente una nuova grande crisi o comunque almeno altri dieci, forse venti anni di malaise sociale ed economica.
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Confidenti nel solito panem (sempre più avvelenato dai vari gliphosat) et circenses (con Facebook al posto del Colosseo), i potenti della Terra sottovalutano forse la tensione, l'entropia sociale che si sta cumulando sempre più, oramai annusabile nell'aria. Contano di evitare la moderna ghigliottina grazie a telecamere e droni in servizio 24x7, ma la storia insegna che le popolazioni sopportano le vessazioni solo fino ad un certo punto. La natura fa poi sempre il suo corso e gli ecosistemi insostenibili si riequilibrano violentemente oppure si estinguono completamente. 

     Perchè, quindi, di nuovo penna e calamaio? Forse giacchè, instintivamente, annusiamo nell'etere una sottile brezza foriera di novità. Come il nostro cane di casa, un beagle perennemente affamato, che spesso confonde l'odore di una briciola per una gigantesca pagnotta, magari sbagliamo e quindi torneremo ad abbassare orecchie ed inchiostro. Due sincronicità ci fanno tuttavia ben sperare: il Movimento Roosvelt (MR) di Gioele Magaldi e la lectio magistralis di Antonino Galloni all'evento organizzato dal Movimento a Roma, 24 novembre Anno Domini. Un quarto di secolo di vita in Germania ci aveva "nascosto" l'economista Galloni; grande quindi è stato il piacere ascoltarlo dal vivo e condividerne l'intero ragionamento, esposto con robusta logica e maestria. Il suo ultimo libro "L'inganno e la sfida" ci è stato compagno nel volo di rientro in quel di Monaco di Baviera. L'analisi storica delle (lontane) origini della crisi finanziaria del 2008, così come le soluzioni abbozzate per passare ad una (necessaria) società post-capitalistica, coincidono con quanto descritto nel nostro blog, arricchendolo di alcune narrazioni importanti come ad esempio il vero obiettivo del G7 di Tokyo del 1979 di "rendere generalizzata la crescita dei tassi di interesse".  

 

            Occupandoci professionalmente di innovazione tecnologica, è ambizione di questo primo breve scritto estendere il framework analitico proposto da Galloni ed introdurre delle proposte attuative che speriamo possano trovare terreno fertile all'interno del MR. Vogliamo qui anticipare le conclusioni del nostro ragionamento: l'innovazione è il convitato di pietra dei profondi cambiamenti nel tempo dei modelli di organizzazione e della crescita dell'economia, così come la tecnologia rappresenta oggi a nostro avviso - forse in modo controintuitivo -  l'unico strumento concreto e di immediata attuabilità, per passare in modo non cruento ad una società post-capitalistica incentrata su un Nuovo Umanesimo.

 

            L'homo economicus primitivo era un micro imprenditore, lavorava solo per sè stesso (la compagna, quando non veniva frettolosamente abbandonata, doveva pure lei lavorare nei boschi) e si assumeva l'intero rischio d'impresa. Nel tempo, l'innovazione sociale della collaborazione e quella tecnologica di archi e frecce aumentarono la produttività e nacquero quindi le prime forme di partnership per la caccia comune, come nelle moderne società di consulenza. Successivamente, una curiosa innovazione genetica permise alla razza umana di smetterla con la grama vita da cacciatore, rischiosissima e piena di insopportabile alea,  per dedicarsi all'agricoltura e porre così le basi dei primi insediamenti rurali. Per migliaia di anni le innovazioni, tecnologiche, organizzative e normative, non furono per nulla impressionanti sul profilo della crescita economica misurata in termini di reddito pro capite. Eventualmente, solo le armi, che servivano però per tenere a bada le talvolta feroci reazioni di popolazioni che mangiavano sempre troppo poco, oppure venivano impiegate per aumentare la ricchezza pro capite di pochi a scapito dei molti conquistati e sottomessi. A partire dalla Rivoluzione Industriale, con accelerazione esponenziale nel secolo scorso, il susseguirsi frenetico di innovazioni e scoperte a volte clamorose (pensiamo alla fisica quantistica) hanno catapultato l' homo economicus - purtroppo rimasto con ancora troppo cervello rettile - nella modernità dei Paesi di Antica Industrializzazione (come li chiama Galloni), saturi di grassi, di beni superflui e con più tempo libero.
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     Ci fa comunque piacere qui ricordare tre grandi invenzioni/innovazioni, oggi ancora importanti, made in Italy: la partita doppia di Luca Pacioli, la moneta bancaria dei mercanti genovesi e fiorentini, i primi "derivati" finanziari della Serenissima per mitigare il rischio che qualche pirata birbone sottraesse ai ricchi veneziani le imbarcazioni cariche di pregiate merci e ducati. Vedremo più avanti come fantasia e spirito di intraprendenza tipici dell'homo italicus potrebbero nuovamente - come nel passato - rappresentare il DNA culturale utile al prossimo salto evolutivo di economia e società. 

 

            Perchè, allora, ci troviamo in crisi, intesa come languida crescita di PIL reale pro capite   e disoccupazione, da almeno due decadi ? Nell'articolo scritto cinque anni fa, "Il mondo ad un bivio", anticipavamo la conclusione che non saremmo usciti dalla situazione di crisi, perchè in realtà le ricche e sazie civiltà occidentali sono oramai giunte ad un punto di flesso nel loro percorso di sviluppo. Rimandando all'articolo sopra citato per considerazioni più puntuali, ci interessa qui sottolineare l'aspetto dell’ innovazione tecnologica che crea macchine, robot ed intelligenza artificiale che aumentano la produttività sostituendo lavoro umano; questo – a parità di altri fattori – crea nel tempo disequilibri incolmabili tra domanda ed offerta aggregata. 

Nel passato era possibile riqualificare in tempi brevi il lavoro umano, ad esempio dal montaggio di automobili nelle fabbriche Ford alla disposizione di pannelli solari sui tetti delle case. Ma questa volta sarà diverso: il nuovo (poco) lavoro apparterrà a scienziati in grado di manipolare le equazioni dei quantum computer, ai programmatori di robot, ai bio ingegneri che taglieranno e cuciranno il nostro DNA su misura. Tutte professioni per le quali non sarà possibile riaddestrare miliardi di cervelli. La stragrande maggioranza delle rimanenti attività economiche verranno automatizzate grazie alle tecnologie menzionate, che prenderanno tutte le decisioni (e che, secondo il defunto Stephen Hawking, potrebbero pure avere il sopravvento ed estinguere l'umanità). Che lavoro faranno 10 miliardi di persone, i nostri figli e nipoti? Ecco, allora, il delinearsi all'orizzonte di uno scenario distopico, come nei più angoscianti film di fantascienza, caratterizzato da una sparuta elite di plutoricchi, padroni del 99% degli asset e delle fabbriche automatizzate, che vivranno come semi-dei geneticamente puri, mentre il resto della popolazione sarà tenuto in vita in condizioni di assoluta dipendenza economico-finanziaria e sarà costretto a vivere nelle zone più degradate, controllate da robot-poliziotti.

Pura fantasia? Forse, ma l'accelerazione dell'innovazione tecnologica non lascia alcun dubbio e la crescente asimmetria nella distribuzione degli asset (ricchezza) non fa ben sperare. 
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     Il percorso alternativo per il mondo è figlio del pensiero positivo:  le energie alternative, le innovazioni tecnologiche per accomodare e sfamare senza conflitti tre miliardi di nuove persone ed un modello sociale che ricorda quelli idealistici ipotizzati già nel passato, con le fabbriche automatizzate di proprietà comune che producono tutto ciò di cui i cittadini hanno bisogno (bisogni primari), lasciando a questi una quantità enorme di tempo libero da dedicare ad hobbies, famiglia, pensiero conoscitivo, vari svaghi amorosi e ludici (“The rest of the day could be devoted to the pursuit of science, painting and writing” – Bertrand Russell, In praise of idleness) ed all'accumulo di ricchezza - per chi vorrà lavorare di più - per soddisfare i bisogni vebleriani. In un documento del Fondo Monetario Internazionale di cinque anni fa viene caldeggiato un modello di governance mondiale per porre fine agli egoismi nazionali, che rendono impossibile il coordinamento delle politiche – economiche, finanziarie, delle risorse – necessarie a mantenere il benessere e la pace tra le persone. 

Anche questa solo fantascienza? Forse no, anzi. Scriveva già nel lontanissimo 1930 il geniale economista inglese J.M. Keynes, in un dimenticato libretto, di come l'umanità avrebbe raggiunto nel corso dei 100 anni successivi un tale progresso sociale, economico e tecnologico, grazie al modello capitalistico. 
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     Cosa fare, quindi, nei prossimi 20-30 anni per evitare l'avverarsi dello scenario distopico sopra descritto e per raggiungere invece quello immaginato da Keynes e desiderato dalla maggioranza dei cittadini del mondo? È opinione di chi scrive, che sia compito e dovere della generazione nata a cavallo del ventennio 1960 - 1980 (a cui apparteniamo) "occuparsi della faccenda" e contribuire, chi più e chi meno, a costruire una società più equilibrata, più giusta, ecologicamente sostenibile, democratica, liberale, con le tecnologie al servizio degli umani ed i frutti del capitalismo equamente distribuiti. Chi rimarrà chiuso nel proprio guscio mentale spazio-temporale, dedicato esclusivamente all'accumulo di ricchezza materiale o all'edonismo, dovrà affrontare il durissimo giudizio della storia e delle nuove generazioni.

Questa chiamate alle armi, che i membri del Movimento Roosvelt hanno evidentemente recepito, abbisogna di una chiara strategia e di strumenti operativi efficaci che consentano il raggiungimento degli obiettivi prefissati, onde evitare il rischio del fallimento a causa di pensieri ed azioni velleitarie. Grande è infatti il pericolo di lasciarsi trasportare sulle ali del drago inferocito della rabbia, che non potrebbe alcunchè cambiare e che verrebbe spazzato via già dopo i primi sputi di fuoco. In un mondo ipercontrollato da satelliti e droni, con armi ancora sconosciute alle masse, le rivoluzioni alla francese non funzionano più ed hanno comunque insopportabili conseguenze sanguinose. Anche un revival di spinte marxiste o comunque di estremo socialismo, come importante tassazione della ricchezza, espropri, forte aumento del debito pubblico per assistenzialismo di Stato, et similia, non sono per chi scrive soluzioni adeguate e realizzabili. Oppure qualcuno pensa ancora che vi sia evidenza storica che abbiano mai funzionato nel passato? Inoltre, non è credibile ipotizzare che un tale ribilanciamento forzato possa rimanere senza catastrofali conflitti tra classi sociali - chi ha infatti mai visto i doberman lasciarsi facilmente sottrarre l'osso da altri cani? Nel capitalismo siamo e nel capitalismo si deve rimanere, per lo meno finchè non troveremo un modello migliore (comprovato, non ipotetico), ma - ed è questo l'aspetto fondamentale - come diceva il compianto Olaf Palm, "io non sono contro il capitalismo, voglio solo tagliargli un pò le unghie".

 

     Esiste, allora, una "terza via"? Ne siamo fortemente convinti e la vogliamo qui accennare, riservando a successivi articoli un esaustivo approfondimento. Chiameremo tale proposta strategico-operativa New Deal 4.0, poichè incentrata sulla diffusione e sull'utilizzo intelligente di innovazioni tecnologiche e legislative, piuttosto che su meri investimenti pubblici - pur parzialmente necessari - di roosveltiana memoria. Inoltre, siamo dell'opinione che esistano sufficienti quadri normativi e strumenti democratici a disposizione, ancorchè migliorabili ed integrabili, che consentono l'attuazione di tale terza via senza la necessità di riconfigurare l'intero sistema, come invece proposto nel pur interessante libro di Eric Posner. Vedremo infine come la fantasia (soprattutto italiana) sia risorsa - per dirla con Albert Einstein - più importante della conoscenza.

Se la forbice dell'ineguaglianza e dell'infelicità (oramai, sempre più rabbia sociale) si è divaricata prepotentemente negli ultimi quarant'anni e rischia di aprirsi ancor più, le analisi sopra condotte paiono spiegare tale evidenza come il risultato di due lame sempre più affilate, che quindi tagliano e feriscono: l'accelerazione tecnologica ed il neoliberismo (il turbocapitalismo finanziario ed oligarchico, come raccontato da Galloni). Per ridurre il divario senza distruggere le cesoie (rivoluzioni luddiste; taglio delle mani che le usano) e senza toglierle di mano in modo coercitivo a chi le sa usare per darle invece ai meno capaci (modelli anti-capitalistici), vi è necessità di scegliere una terza opzione volta a mettere a disposizione la lama tecnologica a miliardi di mani imprenditoriali, smussando quindi automaticamente anche l'altra lama della forbice e riportando così il capitalismo ad un modello più bilanciato e virtuoso. Miliardi di (piccoli) imprenditori vuol dire miliardi di esseri umani finanziariamente indipendenti ma dipendenti uno dall'altro e quindi corretti nei comportamenti, bilanciati, liberi nello spirito e nella mente. E la "politica", chiederanno i nostri pochi lettori? Ci pare evidente concludere che miliardi di imprenditori intraprenditori (ci piace di più la versione inglese della parola) voteranno persone capaci ed oneste, veri servitori della collettività, ben diverse da quelle che la nostra generazione sta scegliendo... Personalmente abbiamo fatto di tale visione la nostra professione, ma questa è una storia da raccontare un'altra volta. 

 

     Questo modello ci riporta alle origini, agli ominidi nostri progenitori, che se non intraprendevano per sfamarsi ogni giorno non vedevano il domani. È possibile pensarlo come modello misto, con fabbriche completamente automatizzate di proprietà collettiva (delle città-comunità) per la soddisfazione dei più importanti bisogni primari (cibo, energia, salute, educazione) ed al contempo miliardi di piccole imprese che producono beni e servizi per le altre necessità, dall'intrattenimento alla moda, alle auto di lusso, etc.? Assolutamente si, a nostro avviso; altrimenti come spiegare le autostrade gratuite in Germania, le università a costo praticamente zero in Europa e molti altri esempi di spesa collettiva intelligente? Ecco allora una prima bussola per un piano statale di investimenti strategici per le prossime decadi.

 

Il modello del turbocapitalismo finanziario ipertrofico ed abnormemente ripiegato su sè stesso come in un infinito origami di carta (quattro milioni di miliardi di dollari di carta straccia...)  imploderà quando un nuovo archetipo, ad esempio quello qui proposto, emergerà e verrà adottato dalla maggioranza dei partecipanti al gioco socio-economico. Non vi sarà quindi bisogno di rivoluzioni o interventi dall'alto, semplicemente perchè la storia ha sempre dimostrato che il vecchio si abbandona quando il nuovo è migliore. Chiaramente, oggi ancora siamo legati ad un modello di capitalismo tecnologico-finanziario basato su grandi corporation (che giocano in modo scorretto corrompendo legislatori ed organi di vigilanza) e su miliardi di persone che "dipendono" (che orribile parola usano ancora gli italiani, quando parlano di dipendenti invece di co-workers) da queste per poter lavorare e mantenersi. Bisogna quindi smantellare le corporation, sostituendole con catene del valore decentralizzate composte da miriadi di piccole e piccolissime imprese, che le tecnologie (big data, intelligenza artificiale, sensori, blockchain, ecc.) coordinano e rendono efficienti come le grandi organizzazioni. Si intravedono all'orizzonte i primi esempi concreti di tali piattaforme nel mondo IT (pensiamo alla cinese Alibaba) e riteniamo realizzabile tale trasformazione in tutti i settori, uno dopo l'altro. Come? Per cominciare, osserviamo con piacere che negli ultimi venti anni molte tecnologie utili a fare impresa sono diventate assai meno costose. Pensiamo al cloud, agli shop online, al software open source, alle comunicazioni telefoniche e per videoconferenza, e molte altre. Per creare una startup servivano molti soldi, ora bastano poche migliaia di euro. Il ruolo dello Stato dovrà essere quello di agevolare ulteriormente tale trend e di impedire monopoli / oligopoli tecnologici (pensiamo ai robot), qualora sorgessero. Le tecnologie devono essere alla portata di tutti i piccoli intraprenditori. 

  

     Per il finanziamento degli investimenti pubblici propedeutici alla costruzione di questo nuovo modello socio-economico e per il finanziamento delle nuove imprese, ai meccanismi esistenti (pensiamo all'eccellente legge italiana - unica al mondo - su startup e PMI innovative) si possono sicuramente affiancare concetti innovativi di finanza e moneta, come ben colto dallo stesso Galloni. Non nascondiamo un velo di orgoglio nell'essere stati i primi in Italia a suggerire l'introduzione di una moneta parallela digitale da affiancare all'euro, per riflazionare la malandata economia italiana (v. Bit-Euroliraqui e qui). D'altronde, l'esperimento delle criptomonete dimostra che la "moneta"  è un concetto, un tacito accordo tra i partecipanti agli scambi economico-finanziari basato sulla fiducia. Se funziona per le organizzazioni private, come sta accadendo sotto i nostri occhi, a maggior ragione funzionerà per gli Stati. Coraggio cari governanti italiani, ci vuole solo coraggio. Vedrete che alla fine la moneta che si ritiene "cattiva" (quella parallela nostrana) scaccerà quella "buona" (l'euro), come nella famosa legge di Gresham. Siamo pronti a scommettere che, in modo controintuitivo, alla fine i cittadini scopriranno che la nuova moneta parallela in realtà è più "virtuosa" e superiore all'euro, se - come da noi proposto - circolerà solo in modo digitale e quindi perfettamente tracciabile (niente più evasione fiscale, nè lavoro in nero). L'euro rimarrà unità di conto per gli scambi internazionali, come oggi lo è (ancora) il dollaro per materie prime ed altri beni.

 

     Risolta la questione di decentralizzare - e quindi rendere accessibili a tutti - tecnologia e finanza, bisognerà intervenire sui giovani cervelli per entusiasmarli ed educarli a diventare intraprenditori. Confessiamo che riteniamo questo processo di cambiamento il più lungo e difficile, ancorchè il più affascinante. Abbiamo al riguardo alcune idee concrete, che ci ripromettiamo di esporre. Su questo tema vi è comunque bisogno di elaborare in maniera interdisciplinare, mettendo in rete i contributi di molte persone di esperienza e conoscenza; ci auguriamo che il MR possa essere in tal senso un think-tank importante.

 

In sintesi, la costruzione concreta del New Deal 4.0 passa per le seguenti direttrici strategico-operative:

 

1) Decentralizzazione delle imprese (sostituzione delle corporation con catene del valore 

    decentralizzate, costituite da miliardi di piccole e piccolissime imprese)

 

2) Decentralizzazione delle tecnologie (ovvero, tecnologie diffuse ed accessibili; ruolo di 

    garante dello Stato per evitare monopoli / oligopoli)

 

3) Decentralizzazione della finanza (monete parallele, monete locali, e simili)

 

4) Educazione dei nuovi cervelli (motivazione ed educazione delle nuove generazioni, per 

    farli diventare intraprenditori)

 

5) Investimenti pubblici strategici (ovvero, propedeutici al raggiungimento degli obiettivi

    sopra elencati e volti a rendere di proprietà collettiva gli asset rilevanti per la soddisfazione 

    di bisogni primari; ad esempio le banche, che dovrebbero funzionare come delle utilities)

 

 

     Se una tale visione pare ambiziosa, riteniamo la sua attuazione meno difficile di quanto si possa pensare. Torna qui in gioco la già citata fantasia italica e le esperienze storiche che portiamo ancora impresse nel nostro DNA collettivo, si pensi al Rinascimento o alla Serenissima Repubblica veneziana. Esistono infatti leggi, procedure, meccanismi, organizzazioni, pensieri e memorie collettive condivise, aspetti culturali, innovazioni tecnologiche e molto altro, che non richiedono nuovi modelli o invenzioni radicali. Basta infatti utilizzarli, farli applicare senza eccezione, a volte riscoprirli. Vediamo qualche esempio.

 

Le grandi corporation come Google e Amazon non pagano le imposte in Europa? Basta applicare le leggi in vigore sull'eterovestizione, come viene fatto con estremo zelo nei confronti delle PMI italiane.

 

Giudici e burocrati corrotti o incapaci? È sufficiente introdurre un concetto di Zone Franche per far si che vincano i sistemi giuridici e le procedure pubbliche migliori. Basta un poco di competizione, perbacco!

 

Politici e funzionari pubblici lavorano poco, male oppure sono addirittura in malafede? Pubblichiamo online statistiche su produttivitá del loro lavoro, risultati ottenuti, assenze dal lavoro. Creiamo un motore di ricerca basato su intelligenza artificiale, che tenga traccia ed analizzi tutti i documenti pubblicati e le parole pronunciate, per avere memoria storica di promesse e di fatti. Serve un "google" della macchina pubblica - che appartiene a tutti noi, o no?

 

La corruzione nella spesa pubblica dilaga? Apriamo le banche dati pubbliche a tutti i cittadini e si utilizzi la blockchain per tracciare tutte le spese; chiunque potrà verificare online (citizen auditing). 
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Autostrade Spa lascia crollare i ponti ed al contempo fa profitti inauditi? Che vengano sempre pubblicati tutti i contratti pubblico-privato e si approvino norme a tutela della collettività, prevedendo multe miliardarie. Gli americani già lo fanno, perchè l'Italia no?


L'elenco di piccole, concretissime cose da fare è sterminato. Il filo rosso è trasparenza, accesso alle informazioni, sistemi di controllo (auditing) indipendenti. Genovesi e Veneziani inventarono la Pittima, ovvero la persona mascherata di rosso che inseguiva il debitore gridando a gran voce per indurlo a pagare il creditore e sfuggire quindi all'imbarazzo. Il governo della Serenissima proteggeva le pittime, che non potevano venir aggredite. Vedete come non serve inventare nulla? Basta riscoprire il buon senso e tutti i problemi del Paese dei furbi e dei fessi si risolvono in tempi brevi. 



     A conclusione, quale ruolo potrebbe svolgere il Movimento Roosvelt per promuovere i cambiamenti proposti? Riteniamo che ulteriori organizzazioni politiche, come partiti o movimenti, abbiano scarse probabilità di proporsi come innovazione sociale capace di convincere ed aggregare il necessario consenso maggioritario. È sotto i nostri occhi, non funziona. Ci ritroviamo quindi nel concetto di meta-partito, che andrebbe però - a nostro avviso - meglio specificato. Ecco, allora, la nostra idea, per la quale vogliamo usare un'analogia. Esistono i sindacati per rappresentare e difendere gli interessi dei lavoratori, così come le associazioni dei consumatori tutelano diritti ed interessi di quest'ultimi. I cittadini, invece, votano senza organi intermedi che li informino propriamente e che negozino a loro favore i programmi proposti dai partiti candidati alle elezioni. Ergo, il nostro diritto/dovere più importante, il voto,  viene esercitato - soprattutto in questo periodo storico - in condizioni di assoluta disinformazione, con pochissime tutele o meccanismi di controllo ed in assenza di fondamentali conoscenze. È come se decidessimo di costruire una casa senza la consulenza di geometri, architetti, funzionari bancari ed altri esperti. Non ha alcun senso, serve quindi un organo intermedio tra cittadini ed organizzazioni politiche, perchè la politica è oramai materia ipercomplessa (si pensi solo alle dipendenze da organi ed instituzioni sovranazionali, che possono decidere quanta moneta stampare e se possiamo avere etichette alimentari trasparenti...). Un meta-partito è quindi per noi una specie di sindacato dei cittadini-elettori, con il compito di informareeducarevalutarecontrollare, tramite tecnologie moderne come Big Data ed Algoritmi. Insomma, un MR un pò Pittima, tanto per intenderci. Approfondiremo prossimamente, sempre che si faccia cosa gradita.

Fabio Zoffi

libero pensatore, olivettiano imprenditore
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