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L’Euro ha i mesi contati: farà una brutta fine ed assieme all’Euro tanti rischiano di finire male. L’Euro finirà male in quanto moneta non sovrana e considerando il fatto che ha ormai depredato quasi completamente tutto quel che di buono gli ex Governi sovrani nazionali con moneta sovrana avevano costruito negli anni del dopo guerra... le cosiddette “riforme” (che altro non significa se non vite al ribasso, Diritti soppressi e “sacrifici” senza ragione... oltre che Democrazia fatta a pezzi!), sono praticamente quasi esaurite.

Come anticipato: assieme alla brutta fine dell’Euro, però, sono in tanti a rischiare di finire male...

Riguardo all’Euro - ed a proposito della sua possibilissima ed abbastanza imminente “brutta fine”/fine anticipata cui anticipavo (dico “fine anticipata” in quanto in ogni caso questa moneta “creperà”..., nonostante la quarta candidatura consecutiva della Merkel...), il capo economista di Deutsche Bank, David Folkerts-Landau, pochi giorni fa, in una intervista a “Bloomberg”, ha dichiarato: «Siamo di fronte a un Paese con un rapporto deficit-pil oltre il 130 per cento, che non cresce e ha un deficit del 3 per cento, e dunque continua ad accumulare debito. Il mio timore è che più ci si avvicina alla data del referendum, e più l'effetto dell'elezione di Trump si fa sentire, più gli investitori esterni usciranno dall'Italia. L'Italia è l'epicentro da cui rischia di giungere ulteriore instabilità in Europa. Se l'Italia dovesse scontrarsi con ulteriori difficoltà, avrebbe bisogno di un programma del Fondo Monetario Internazionale. Il Paese ha bisogno di un'opera tempestiva improntata all'efficienza del mercato e del mercato del lavoro, che deve essere compiuta dall'esterno, o in caso contrario rischia di non essere mai intrapresa. L'Europa cercherebbe di mettere assieme qualcosa sul modello della troika, ma non è così che il sistema finanziario globale dovrebbe funzionare: il Fondo Monetario Internazionale siede al centro, e se un Paese ha difficoltà finanziarie è da lì che dovrebbero giungere le riforme, non da un contesto regionale. Dal 1970 al 2000, quando è entrato in scena l'Euro, il Marco tedesco si è apprezzato sulla Lira italiana dell'80 per cento. Oggi questo non è più possible e l'Italia è costretta a una continua svalutazione domestica. E' un problema destinato a protrarsi a lungo, a meno che l'Italia non implementi davvero profonde riforme strutturali. E ha dimostrato di non esserne in grado. Senza riforme l'Italia sconterebbe uno stato di crisi continua, e dunque in questo caso starebbe meglio fuori dall'Eurozona». Ancora, Wolfgang Munchau, condirettore del Financial Times ed esperto di questa cosiddetta “Unione Europea”: «Il 5 dicembre l'Europa potrebbe svegliarsi con l'immediata minaccia della disintegrazione. Da quando l'Italia nel 1999 è entrata nell'Euro la sua produttività totale è stata di circa il 5% dove Germania e Francia hanno superato il 10%. La seconda causa il fallimento dell'UE di costruire un unione economica e bancaria efficiente dopo la crisi dell'Eurozona del 2010-2012 e di imporre solo l'austerity. La combinazione di questi due fattori sono la più grande causa dell'esponenziale crescita del populismo in Europa. L'importanza del referendum italiano è data dal fatto che può accelerare il percorso verso l'uscita dall'Euro. Se Renzi perderà, ha detto che si dimetterà, portando al caos politico. Gli investitori potrebbero concludere che i giochi sono finiti per l'Italia e il 5 dicembre l'Europa potrebbe svegliarsi con l'immediata minaccia della disintegrazione.»

Wolfgang Munchau, inoltre, ricorda anche un altro possibile “grande elemento destabilizzante”: «La probabilità della vittoria alle elezioni presidenziali francesi di Marine Le Pen non è più un rischio remoto. E se dovesse vincere, la signora Le Pen ha promesso un referendum sul futuro della Francia nell'UE. Se questo dovesse portare alla “Frexit” (l'uscita dall'UE di Parigi come la Brexit), l'Unione Europea sarebbe finita il giorno dopo e così l'Euro. Un uscita di Italia e Francia dall'Euro innescherebbe il più grosso default della storia. I detentori dei titoli del debito pubblico italiano e francese vorrebbero essere pagati in Lire e Franchi e perderebbero molto del loro valore. Visto che le banche non debbono conservare capitale sufficiente per coprire il valore dei titoli dei loro Stati, le loro perdite potrebbero portare molte istituti di livello continentale alla bancarotta. Questa serie di eventi potrebbe essere prevenuta solo se fossero adottate immediatamente una serie di decisioni e nella giusta sequenza. Per prima cosa Merkel dovrebbe accettare ciò che ha finora rifiutato: una road map verso una piena unione fiscale e politica. Dovrebbe anche essere rafforzato l'European Stability Mechanism, il sistema di salvataggio dei Paesi dell'Eurozona che non è progettato per salvare Paesi delle dimensioni di Italia e Francia.»

Detto questo, quindi: cosa fare quando questa moneta che, in ogni caso, se continua ad essere NON distribuita in questo modo, non potrà in nessun caso avere “vita eterna”?

Nel pezzo “Come mollare l'Euro e vivere felici con la Lira” di Paolo Becchi e Fabio Dragoni, si legge: «L’Euro imploderà, prima o poi, è certo quasi come la legge di gravitazione universale. Affrontare la situazione di comune accordo con gli altri Stati dell’Eurozona converrà, eccome. Ma proprio perché la negoziazione non si trasformi in “implorazione” occorre avere, ora per allora, un piano di emergenza. “I Governi dell’Eurozona sarebbero stupidi se non avessero un piano B”, ammetteva del resto il Ministro Schäuble già nel 2012 durante le trattative di uno dei tanti, troppi ed inutili negoziati per risolvere il problema del debito greco.

Oggi vogliamo quindi proprio parlarvi del giorno in cui cambieremo moneta. Il D-Day per intendersi. Che mette una paura ladra a tutti. Infatti sono in molti quelli che “...sì l’Euro è un problema. Ma uscirne sarebbe un salto nel buio. Pensiamoci bene”. Ebbene noi ci abbiamo pensato tanto. Anzi, come molti altri, ci pensiamo tutti i giorni. Non sarà facile. Ma l’edificio sta crollando come le nostre case con il terremoto. E pur di non morire soffocati dalle macerie dobbiamo studiare come prevenire nuove ulteriori tragedie. Proviamoci.

Nel giorno in cui passeremo dall’Euro alla Lira (il changeover) ci sarà una conversione di tutti i crediti e debiti con un rapporto di conversione di 1:1. Per intendersi: un mutuo di 100.000 Euro sarà convertito in 100.000 Nuove Lire. Lo stipendio di 1.750 Euro in 1.750 Nuove Lire; il caffè verrebbe quindi a costare 1 Nuova Lira e così via. In pratica quella che una volta avremmo chiamato la “Lira pesante”. Il rapporto di conversione 1:1 impedirà peraltro il furbo e fastidioso giochino degli arrotondamenti che tanti problemi ha creato ai bilanci delle nostre famiglie.

Esiste un rischio concreto da non sottovalutare ma neppure enfatizzare per non lasciare campo aperto ai professionisti del terrorismo mediatico... Il rischio del “risparmiatore impaurito” con i suoi soldi depositati in banca. Parliamo di ciò che in gergo viene definita “raccolta diretta”: conti correnti liberi o vincolati; depositi; obbligazioni bancarie, eccetera. Stando all’ultimo rapporto ABI di settembre, più o meno 1.656 miliardi di Euro. I risparmiatori impauriti in preda al panico potrebbero correre in massa agli sportelli. Affinché questa paura non si trasformi in terrore possono però essere adottate soluzioni efficaci.

Ad esempio tranquillizzando subito il risparmiatore lasciandogli la libertà di convertire o meno i propri risparmi nella nuova moneta nazionale. Privare il risparmiatore di questa libertà potrebbe esporre le nostre banche a serie difficoltà.

Il signor Rossi che ha depositato in banca 50.000 Euro potrebbe infatti avere la tentazione, più che legittima, di prelevare questa somma prima del passaggio alla Nuova Lira pensando che in futuro il tasso di cambio fra nuova lira ed euro possa essere per lui più vantaggioso. Magari potrebbe diventre 1,2. Il signor Rossi si ripresenterebbe a quel punto in banca per convertire i 50.000 Euro frettolosamente prelevati un anno prima in 60.000 Nuove Lire. Se invece quei soldi li avesse tenuti in banca avrebbe avuto diritto soltanto a 50.000 Nuove Lire dedotte le competenze e spese (tante) e maggiorati di quegli interessi (pochi) nel frattempo maturati.

Un comportamento, ripetiamolo, legittimo e razionale, quello di prelevare i propri risparmi prima del changeover. Quasi un “arbitraggio” lo definirebbero gli economisti... Se tutti i risparmiatori si comportassero però come lui, le nostre banche rimarrebbero in ginocchio non potendo istantaneamente convertire in contante tutti i depositi in essere. Come si fa allora ad impedire questa “corsa agli sportelli”? Non certo con la forza. Né tantomeno con dolorose misure di controllo dei capitali. Esistono invece soluzioni razionali e sperimentabili per disincentivare questo “prelievo da panico” e che potrebbero trovar posto nel “Piano B”. Noi ipotizziamo qui una sorta di “clausola di indennizzo e garanzia”... Ad esempio, potrebbe essere lasciata al risparmiatore la libertà di non convertire immediatamente le somme depositate in banca in nuova valuta: in altre parole è solo al momento del rimborso che il risparmiatore riceverà il controvalore in Nuove Lire mediante l’applicazione del tasso di cambio vigente in quel momento... L’esatto contrario di ciò che viene fatto oggi dentro la moneta unica. La nostra proposta vuole proprio eliminare alla radice il rischio di possibili corse agli sportelli. Quei momenti di sfiducia e panico che abbiamo già purtroppo sperimentato nel magico mondo dell’euro. Due casi di scuola su tutti: la chiusura degli sportelli in Grecia durante l’abborracciato referendum del 2015 e il più vicino caso Banca Etruria & C... È ovvio che con la nostra proposta la banca depositaria potrebbe trovarsi a fronteggiare un maggior esborso finanziario... Questo ulteriore onere non dovrebbe tuttavia sopportarlo la banca depositaria, bensì la Banca d’Italia cui toccherebbe il compito di corrispondere questo straordinario indennizzo in favore della banca stessa. È naturale che la Banca d’Italia, nella nostra ipotesi, tornerebbe a svolgere quel ruolo che aveva quando eravamo in possesso della nostra sovranità monetaria. In questa nuova situazione il risparmiatore non sarebbe più indotto a prelevare “in fretta e furia” i suoi Euro nell’imminenza del passaggio alla Lira ben sapendo che ci sarebbe un prestatore di ultima istanza (la Banca d’Italia appunto) pronto a garantire il risparmio, il risparmiatore e la banca... Ma dobbiamo porci pure un problema ulteriore. L’eventuale nostra uscita dall’unione monetaria potrebbe provocare la completa disintegrazione dell’Eurozona. Se infatti la crisi della Grecia (il cui Pil è grosso modo quello del Veneto) è stata sufficiente a mettere in pericolo il destino dell’Eurozona, figuratevi cosa potrebbe mai succedere nel caso fosse l’Italia a salutare Bruxelles. Ebbene, la “clausola” da noi proposta dovrebbe comunque essere applicata; ma nei confronti del cambio Lira-Marco, essendo la moneta tedesca il vero alter ego dell’Euro. O comunque nei confronti di quella moneta che la Germania eventualmente decidesse di condividere con altri Paesi, qualora Berlino non optasse per il Marco ma virasse verso un Euro del Nord... Qualcuno obietterà che la nostra proposta provocherebbe una crescita delle aspettative inflazionistiche - che peraltro è ciò che la Banca Centrale Europea sta cercando inutilmente di fare da oltre 18 mesi con le sue mensili iniezioni di liquidità. Dio lo voglia in un Paese in cui abbiamo 6 milioni di disoccupati rispetto ai 3 milioni che avevamo nel 2008... Fuori dalla prigione della moneta unica persino le banche potranno tornare ad essere un posto sicuro dove depositare i nostri risparmi, grazie anche alla garanzia della nostra Banca Centrale...».

Agli eventuali “Euro-irriducibili” che potrebbero affermare che «così facendo metteremmo però in ginocchio la nostra Banca Centrale costretta a pagare indennizzi», Becchi e Dragoni segnalano uno studio scientifico della BCE pubblicato ad aprile dal titolo «Regole per la distribuzione dei profitti e la copertura delle perdite nelle banche centrali» dove a pagina 10 (Nota a piè di pagina 7), si legge: «Le Banche Centrali sono immuni dal rischio di insolvenza, grazie alla loro capacità di creare denaro; pertanto possono anche operare con un patrimonio netto negativo.»


Vincenzo Bellisario

(Articolo del 21 Novembre 2016)
Commenti   
0 # RE: Un possibile “piano” in caso di fine anticipata dell’Euro...Ovidio G 2016-11-21 22:59
Parlare di impedire gli "arrotondamenti" fa riflettere su come siamo arrivati a questi livelli.
Con l'entrata nell'Euro ringraziando chi poteva fare i prezzi in Italia abbiamo avuto un'inflazione del 100% - abbiamo dimezzato il potere d'acquisto del mercato interno e rivalutato la moneta di scambio con l'estero del 100%.
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